ricette vegane, senza glutine e un po' della mia vita

Banana chocolate chips bread e concerti

Questa ricetta è vegana e senza glutine. Ho sostituito lo zucchero con lo sciroppo d’agave (un dolcificante naturale ricavato dalla linfa dell’agave blu con un indice glicemico molto più basso dello zucchero raffinato).
Questo dolce, avvolto nella pellicola trasparente, si conserva per almeno 3 giorni a temperatura ambiente.
Ah, la ricetta è tratta dal libro Babycakes di Erin McKenna, se avete in programma una gita a New York fate un salto nella sua bakery!
Ingredienti:
2 tazze di farina senza glutine
circa 60 gr di sostituto del glutine (vi consiglio la marca OrgraN, australiana. Si tratta di un mix di ingredienti naturali che, grazie alla sua composizione, riesce a fornire alle farine senza glutine la capacità di lavorazione e la flessibilità della farina di frumento)
2 cucchiaini di lievito senza glutine
1 cucchiaino di bicarbonato di soda
pizzico di sale
1 cucchiaino di cannella
½ tazza di olio di semi + il necessario per oliare la teglia
2/3 tazza di sciroppo d’agave
2/3 tazza di latte di riso
1 cucchiaino di vaniglia
1 ½ tazza di banana scacchiata
1 tazza di gocce di cioccolato

Accendere il forno a 200° e oliare una teglia per plumcake.
In una terrina di media grandezza mescolare la farina, il sostituto del glutine, il lievito, il bicarbonato, il sale e la cannella. Aggiungere l’olio, l’agave, il latte di riso e la vaniglia. Mescolare bene quindi aggiungere la banana e le gocce di cioccolato. Amalgamare il tutto.
Versare il composto nella tortiera e infornare a 180° per 35 minuti. Se necessario dopo una ventina di minuti girare la teglia di 180° e terminare la cottura. Una volta pronto lasciare riposare per almeno 20 minuti prima di estrarre il pane alla banana e cioccolato dalla tortiera. 





È stato un bel fine settimana. Venerdì concerto di Le luci della centrale elettrica, ieri The Vaselines e oggi ACAB di Stefano Sollima al cinema e poi concerto dei Black Manila. 





Voi come l’avete trascorso?
xoxo



Insalata di quinoa con fagioli rossi e mango

Questa ricetta l’ho trovata su Veganomicon di Isa Chandra Moskowitz e Terry Hope Romero. È semplice, velocissima e soprattutto buonissima. In realtà è una ricetta che si presta a mille trasformazioni in base a quello che offre il vostro frigo e la vostra dispensa (io l’ho leggermente modificata semplificandola ulteriormente). La cucina è anche questo no? Adattabilità travestita da creatività.

Allora, gli ingredienti per 4/6 persone sono:
1 mango, pelato e tagliato a cubetti
1 peperone rosso, pulito dei semi e tagliato in pezzetti piccolissimi
1 cipolla rossa, tritata grossolanamente (la ricetta originaria la prevede cruda, io per evitare di digerirla la prossima settimana, ho preferito scottarla qualche minuto in padella)
aceto di vino balsamico
olio extra vergine d’oliva
sale
2 tazze di quinoa, raffreddata
1 lattina di fagioli rossi (se avete il tempo di cuocere quelli secchi tanto meglio)
qualche foglia di insalata per guarnire
In una ciotola capiente unire il mango, il peperone e la cipolla. Aggiungere l’aceto, l’olio e il sale. Incorporare la quinoa e mescolare bene per amalgamare tutti gli ingredienti. Alla fine unire i fagioli.
Servite immediatamente o lasciate riposare qualche istante. Utilizzate qualche foglia di lattuga o radicchio per guarnire.


Come cuocere la quinoa.
2 tazze di quinoa
4 ½ tazze d’acqua
Cuocete la quinoa per 15 minuti da quando l’acqua inizia a bollire. L’acqua verrà completamente assorbita.
Questo piatto è vegan e senza glutine. Guai a chi mi chiede se essendo veggi e celiaca riesco a mangiare qualcosa di diverso dal riso. Grunt!

Pistacchi, uva passa e ceci direttamente da Teheran, Iran. Grazie Peyman!


Ciao!
xoxo

Pancakes vegan e gluten free al cioccolato

Buongiorno!
Oggi qui a Ferrara c’è la nebbia. Per la verità c’era anche ieri e l’altro ieri e l’altro ieri ancora… Quindi per tirarsi su il morale è stato necessario preparare una colazione cioccolatosa. Ho adattato, molto adattato, una ricetta di pancakes al cioccolato trovata nel librone 500 Vegan Recipes di Celine Steen e Joni Marie Newman. La ricetta originale prevedeva la farina “normale” e le gocce di cioccolato. Io ho sostituito la farina classica con quella di riso e omesso le gocce di cioccolato perché assenti nella nostra credenza.
Ingredienti:
2 tazze di farina di riso
1/3 tazza di cacao amaro
1 cucchiaino di lievito
1 cucchiaino di bicarbonato di soda
¼ cucchiaino di sale
1 ½ tazza di latte di riso (o soia)
½ tazza di olio di semi
½ tazza di zucchero di canna

Mescolate la farina, il cacao, il lievito, il bicarbonato e il sale. A parte mixate il latte, l’olio e lo zucchero. Lentamente versate il composto liquido in quello secco e mescolate bene.
A questo punto cuocete il composto in una padella antiaderente (all’incirca ½ tazza alla volta). Quando sulla superficie compaiono delle bollicine girate il pancake e fatelo cuocere per un altro minuto.



Spremuta fresca e pancakes al cioccolato con succo d'agave


Buona domenica!
xoxo

SALAD JOBS #2 TOMMASO BOCOLA = VISUAL MERCHANDISER WINDOW

Ciao! eccoci alla seconda puntata di Salad Jobs. Oggi vi presento Tommaso, visual merchandiser window. Quando vedo i suoi lavori penso che non mi basterà una vita per raggiungere il suo livello. 

Raccontaci un po’ chi sei
Allora, iniziamo..Tommaso, trentenne, pugliese. Ho lasciato la mia città per venire a studiare Architettura al Politecnico di Milano, con l’intenzione di trasformare in realtà il sogno dei miei genitori, ovvero avere un figlio architetto, peccato, purtroppo non tutti i sogni si avverano. Ormai sono dodici anni che vivo in questa splendida città e sono diventato un vero milanese, uno di quelli che sale di corsa le scale mobili della metro per non perdere neanche un attimo di tempo. Sono orgoglioso di avere un pessimo carattere e fiero di dire sempre quello che di solito gli altri si limitano solo a pensare .Ho vari hobby e molte passioni, anche se tutto mi stufa in fretta. Amo gli 80’s e Andy Warhol. Il bianco è il mio colore preferito.



Quando o da cosa è nata la tua passione per la moda?
Indubbiamente i miei studi in architettura sin dalle superiori hanno coltivato in me l’interesse per l’arte e per la fotografia. Ed è proprio grazie a questa passione che ho iniziato a sfogliare riviste di moda in cerca di servizi fotografici scattati da grandi fotografi, quali Richardson, Meisel, LaChapelle e pian piano la moda si è aggiunta alle mie passioni. Dopo che ho capito che la moda è strettamente correlata allo shopping è stato puro amore!
Quando hai pensato che la tua passione si potesse trasformare in lavoro?
Non avevo mai pensato seriamente di potermi realizzare in un campo strettamente correlato alla moda come questo. Abbandonati i progetti di conquista del mondo architettonico ho cercato più che altro un lavoro dove poter fare una delle cose che mi riesce meglio.. abbinare forme e colori. E poterlo fare con i vestiti sarebbe stato il top. Solo dopo un corso da visual merchandiser ho concretizzato che avevo trovato il MIO lavoro e l’idea che qualcuno potesse andare in giro con degli outfit da me ideati mi divertiva un sacco.



Descrivici una tua giornata-lavoro tipo?

Dopo aver individuato il mood da esprimere in vetrina si parte alla ricerca dei capi, per dar vita ai look suggeriti dall’azienda e per inventarne di nuovi. Una volta abbinato, accostato, concepito e visionato il tutto nel minimo dettaglio (un accessorio sbagliato fa tendenza, due fanno ribrezzo!!) si passa allo stiraggio, fase meno divertente, di tutto quello che le pupe e i pupi esposti in vetrina devono indossare per due settimane. Finito ciò non resta che il montaggio di tutto, ovviamente correlato di deco e di addobbi. Chiuso in una vetrina vesto e acconcio manichini mentre i passanti mi guardano un po’ straniti e qualche giapponese mi fotografa facendomi smorfie strane di apprezzamento. In realtà questa non è proprio la mia giornata-tipo perché tutto ciò si suddivide in tre giorni circa.

Speri di fare questo per il resto della tua vita? Se sì in che modo ti vedi crescere in questo campo?
Beh, inutile sottolineare che questo lavoro mi piace tanto e che mi soddisfa sotto molti punti di vista. E’ divertente e mi piacerebbe farlo per tutta la vita, ma è anche vero che i manichini non sono leggeri come Kate Moss e non so se a cinquant’anni riuscirò ancora a ribaltarli e spostarli con tanta disinvoltura. In più i vapori del ferro da stiro non penso facciano proprio bene continuati ad aspirare per ancora trent’anni http://static.ak.fbcdn.net/images/blank.gifSarebbe interessante passare all’idealizzazione e al progetto delle vetrine per una grossa azienda o magari chissà, collaborare come stylist con Steven Meisel per uno di quei servizi patinati pubblicati su Vogue. Troppo ambizioso?




Se a diciassette anni ti avessero chiesto cosa avresti fatto nella tua vita oggi, cosa avresti risposto?Avrei risposto che sarei stato un architetto, malvestito e incapace di capire l’importanza di una cabina armadio all’interno della progettazione di un appartamento.


Buon venerdì sera a tutti!
xoxo




Sformato di amaranto, patate e zucca e dolcetti vegan alla vaniglia gluten freedom

Alzi la mano chi non ha un amico, parente, conoscente che mal sopporta il glutine. Dovete per forza alzarla perché probabilmente sono celiaca, quindi…
Quindi questa sera cenetta gluten free!
Sbirciando qua e là in internet ho trovato questa ricetta facile facile per cucinare l’amaranto (cereale permesso in una dieta celiaca): sformato di amaranto zucca e patate.
Ingredienti per  4 persone:
400 gr di amaranto
1 l ½  di brodo vegetale
3 patate di media grandezza, tagliate a tochetti
zucca, tagliata a tochetti (per la quantità io sono andata a occhio)
sale
olio extra vergine d’oliva
aromi

Cuocete al vapore le patate e la zucca e nel mentre l’amaranto (fatelo bollire nel brodo per circa 25-30 minuti  quindi spegnete il fuoco, mettete il coperchio e lasciate riposare per 10 minuti).
Fate insaporire le patate e la zucca in una teglia con un po’ d’olio, sale e rosmarino. Schiacciate il tutto con una forchetta e amalgamate l’amaranto. A questo punto trasferite in una teglia capiente, spolverate con dei semi di sesamo e infornate a 160° per una quindicina di minuti. 


Celiaca sì triste no, giusto? Ecco qui dei buoni dolcetti perfetti per soddisfare la voglia di dolce in qualsiasi momento della giornata.
Per 12 dolcetti vegani Gluten Freedom:
1 tazza di latte di riso
1/3 tazza di olio di semi
¾ tazza di zucchero
2 cucchiaini aroma vaniglia
¼ cucchiaino aroma mandorla
¼ tazza maizena
2 cucchiai di semi di lino macinati
1/3 tazza di farina di mais (fare sempre attenzione all’etichetta)
1 tazza di farina di riso
1 cucchiaino di lievito
½ cucchiaino di bicarbonato di soda
¼ cucchiaino di sale

Accendete il forno (180°) e disponete gli appositi pirottini nella teglia per muffin. In una ciotola capiente mescolate per bene  il latte, l’olio, lo zucchero e gli aromi. Aggiungete la maizena e i semi di lino, continuate a mescolare. Aggiungete la farina di mais, quella di riso, il lievito, il bicarbonato e il sale. È importante mescolare bene bene senza aver paura di esagerare. Versate il composto nei pirottini (riempiteli per i 2/3 che tendono a non alzarsi molto) e cuocete per 20-23 minuti.


Io li ho mangiati cosparsi di succo d’agave.

Gnam gnam
xoxo




14 gennaio 2012. Segreti, re e regine.

Oggi è una giornata importante, magari se la fortuna ci assisterà con il tempo vi svelerò il nostro piccolo (nemmeno poi tanto piccolo) segreto. Per il momento è di rigore un religioso silenzio propiziatorio e, perché no, qualche gesto scaramantico, incrocio delle dita e così via.
Le foto qui sotto ritraggono i veri reali di casa P. e qualche piccolo scorcio della nostra casina. Piano piano prende forma. È una gran soddisfazione vedere la propria casa crescere e svilupparsi a propria immagine e somiglianza.






 Il mio comodino
 Il comodino di Marco



 Una sedia recuperata per strada, non è bella?
La terrazza che voglio riempire di piante, fiori e un piccolo orticello

Per terminare vi consiglio questo post di Emma: 5 tips for food photography, l’ho trovato davvero carino.
Buon fine settimana!
xoxo

13 gennaio 2012.


Visto che oggi è venerdì e il fine settimana alle porte ecco qualche link da sbirciare standovene comodamente seduti sul divano possibilmente con hot tea e biscotti fatti in casa.
  • Una delle mie ultime passioni sono i washi tape, qui qualche idea carina per come usarli.
  • Sfgirlbybay ha una grafica che mi ha colpito subito e poi i set fotografati sono incredibili!  
  • Fa ancora freddo, ma come me pensate già a quali piante comprare la prossima primavera per impreziosire il vostro appartamento o la vostra terrazza?  Questo post su Poppytalk fa al caso vostro (o meglio nostro).
  • Non dimenticate che oggi è venerdì 13, questi cupcakes di Natalie di Bake and Destroy sono spettacolari (c'è la ricetta!)
Buon venerdì!
xo.

SALAD JOBS #1 PAOLO PETRALIA= CUOCO VEGAN

Ciao! Oggi inauguro una nuova (in realtà prima) rubrica di questo blog Salad Jobs (vediamo se qualcuno di voi afferra la “fine” citazione musicale..). Ogni due settimane circa intervisterò un amico circa la sua passione-lavoro. Spero la troverete interessante e vi divertirete a leggerla.
Iniziamo con… Paolo Petralia (un obbligo seguire il suo, e di Alessandra, sito Vegan Riot e acquistare il libro Vegan Riot – La rivoluzione bolle in pentola!)

Raccontaci un po’ chi sei.
 Sono già in crisi alla prima domanda... Maschio, caucasico. Fino a qui tutto bene… Ho superato da un po’ il mezzo del cammin di nostra vita in maniera tutto sommato abbastanza indolore. Sono men che più noto alle cronache underground per un impegno musicale ormai ventennale, comunque svolto con basso profilo, senza darsi arie da salotto buono. Mi sembra di essere di fronte all’obbiettivo di The Club o ad un provino per il Grande Fratello… “sono simpatico, solare, mi piace stare con gli amici”… No, fondamentalmente sono una testa di cazzo abbastanza testardo con le sue teorie sulla vita, che possibilmente non richiedano troppa filosofia pregressa e sforzo fisico.


Quando o da cosa è nata la tua passione per la cucina?
 Mah, abbastanza presto, un po’ perché mi piace mangiare, un po’ perché mia madre, con cui vivevo, non era granché avvezza alla nobile arte a mezzo padella, un po’ perché mio padre aveva un ristorante con la sua compagna, un po’ perché sono andato a vivere da solo a 21 anni e per forza di cosa bisognava uscire dallo schema “pasta al pomodoro-insalata-spezzatino di soia”.
Avere gente a casa e condividere del cibo, se non buonissimo ma cucinato con il cuore è sempre stata un po’ una costante e diversi quintali di carta stampata occupano scaffali interi della sezione gastronomia della libreria di casa. La svolta cruciale è stata l’apertura del sito Vegan Riot, la cui spinta è venuta soprattutto dalla mia socia Alessandra e facilitata dall’avvento delle macchinette fotografiche digitali. Siamo stati pionieri a fare questo tipo di lavoro in ambito vegan e tuttora  dopo 6-7 anni continuiamo.  




Quando hai pensato che la tua passione si potesse trasformare in lavoro?
 Non è che l’abbia mai pensato effettivamente, è stato un po’ un caso. Organizzando questi eventi di Vegan Riot, cene luculliane, vegan, a Roma ed in un’ottica molto diy, il tizio di un ristorante che ci ospitava mi ha chiesto a fine serata se ero in cerca di un posto. Ero in crisi di identità con quello che facevo da sempre (i dischi!), c’ho pensato e dopo un mesetto l’ho ricontattato. Per un anno sono stato al suo ristorante e per altri tre in un altro ristorante. E’ semplicemente successo. E direi che non si trattava del sogno italiano… in termini strettamente economici, intendo. Dopo anni di bombardamenti televisivi su cuochi, cucine, gourmet e gourmand, sedicenti chef, probabilmente ci si è fatti un’idea balzana delle cucine dei ristoranti…



Speri di fare questo per il resto della tua vita? Se sì in che modo ti vedi crescere in questo campo?
Non è facilissimo. Già adesso sono senza lavoro di cucina, che all’ultimo posto m’hanno fatto fuori per far quadrare i conti. E non parliamo di un posto che non lavorava… Semplicemente la ristorazione è un campo minato. Oggi lavori qua domani la. E ciò va bene se sei un addetto versatile. Se invece se vegetariano/vegano ed i posti papabili in una città di un quattro milioni di abitanti e decine di migliaia di locali sono 4-5, beh comincia ad essere un po’ complicato. La soluzione sarebbe aprirselo da soli, ma anche quella strada la vedo faticosa. Nel senso, fammi pure lavorare 13 ore al giorno, ma stare a combattere con la burocrazia e scartoffie non è cosa mia. Però non è una cosa che ho escluso, anche perché potrebbe essere l’unico percorso. Se ci penso su un altro po’ è probabile che lo aprirà qualcun altro il prossimo ristorante veg*…


Se a diciassette anni ti avessero chiesto cosa avresti fatto nella vita oggi, cosa avresti risposto?
Non sapevo minimamente cosa fare a 17 anni. A quel tempo ero ad un rigido liceo scientifico che alla fine mi impiegò per ben sette anni, complice ormai il manifesto interesse per la musica. Di conseguenza sono stato uno dei pochi figli degli anni ‘70 di estrazione media-borghese che sapeva scientemente di non essere tagliato per lo studio ed a quel punto ero convinto che tra me e l’università non sarebbe mai stato amore. Ero piuttosto smarrito e pauroso sul futuro. Paradossalmente sono più tranquillo a riguardo adesso, alla soglia dei 40, che di tranquillità rispetto a prima ce ne è sicuramente molta di meno. “L’unica certezza resta la precarietà” cantava qualcuno negli anni ’80. Non so se ciò ricada tra le profezie o nel tirarsi la sfiga addosso…



5 cose.

Ecco le 5 cose che amo in questo momento. Spero che conoscendole le amerete anche voi.
1. I cosmetici Benefit, in particolare BeneTint, vero e proprio colore liquido da applicare sulle labbra e sulle guance. Della serie come ho fatto fino ad ora senza.

2. Le pareti color nero lavagna su cui scrivere e disegnare con i vecchi gessetti di quando eravamo bambini. 

 3. I capelli lunghi raccolti in trecce da fissare intorno alla testa. Romantico.


 4. Le Clogs. La prossima estate non dovranno mancare nella mia scarpiera. Bellissimo anche il modello aperto davanti.


 5. La mia modella/presentatrice/it girl preferita: Alexa Chung.


Ora ci guardiamo un documentario sulla Torino hc degli anni novanta. Vi saluto con un paio di copertine di dischi che han fatto la storia. Per lo meno la mia.