Ciao! Eccoci finalmente arrivati alla terza puntata di Salad Jobs. Questa volta conosceremo Mattia Menegatti, Mara Melloncelli e il loro bellissimo progetto Atrosguardo. Teneteli d'occhio perché i ragazzi hanno stoffa da vendere e sentirete presto e molto parlare di loro.
A rispondere è Mattia. Raccontaci un po’ chi sei.
Mattia, 33 anni. Nato e cresciuto in un pic colo paese emiliano. Famiglia di parrucchieri e
artigiani. I miei dic evano sempre
che dovevo studiare così sarei riuscito a trovare lavoro più facilmente guadagnando
un sacco di soldi (nel frattempo son cambiati i tempi… :-D).
Da pic colo volevo fare
l’inventore, poi l’ingegnere, il music ista, il regista e crescendo altre decine di cose…
in realtà dopo l’esame di terza media i professori dissero ai miei genitori che
non potevo aspirare ad altro che ad una scuola professionale perché non avevo
le capacità per studiare. In realtà non avevano capito che per tre anni me
l’ero spassata alla grande!
Da p
Quindi mi iscrissi all’istituto tecnic o senza troppa convinzione e alla fine decisi che
le materie tecnic he mi avevano
stancato e mi laureai in scienze umanistic he
perché mi sembrava interessante capire la psiche degli esseri umani. In seguito
presi la specializzazione in risorse umane e lavorai in un istituto di
formazione nell’ambito del fondo sociale europeo. Dopo qualche anno i fondi
furono destinati all’esterno e l’azienda chiuse. Devo dire per mia fortuna,
perché non ne potevo più di avere a che fare con fax, e-mail, scartoffie… tanto
fumo e poco arrosto. In seguito mi trasferii a Ferrara e decisi di lavorare
part-time per riuscire a dedic armi
alle mie passioni, ma di questo dirò nelle prossime risposte. Da un anno circa
vivo in un pic colo paese della
periferia dove il garage è diventato un laboratorio e in estate posso cenare in
giardino guardando il tramonto in assoluto silenzio.
Quando o da cosa è
nata la tua passione per il design?
Ogni tanto ripenso a una cosa che mi
accadeva durante l’infanzia. La mia non era una famiglia ric ca e così i miei genitori acquistavano spesso i
vestiti al mercato del paese. Quegli abiti non erano male come qualità (erano
prodotti ancora in Italia…) ma notavo sempre qualcosa che stonava. Anche in una semplic e maglia a tinta unita, c’era uno stemma con la
marca (tutt’altro che una griffe) troppo evidente, e io mi chiedevo perché non
riuscissero a fare una semplic e polo
nera e basta! Quindi o potevi permetterti una “Lacoste” oppure eri costretto ad
indossare una polo nera con una brutta scritta e di cattivo gusto, tipo:
“lacrost”. Credo fu allora che capii cosa signific asse
lo “stile”, ma senza rendermene conto. Posso dire che nella mia testa ero un
precursore del concetto che avrebbero poi sfruttato le grandi aziende di
abbigliamento e arredamento low-cost contemporanee (anche se ora lo fanno spesso
a discapito della qualità). Racconto questa storia perché, col senno di poi, penso
che quello fosse il mio concetto di design, anche se non potevo ancora dargli
un nome. Oggi si direbbe: “Less is More”.
Ovvero un oggetto, un complemento d’arredo
o un vestito possono essere realizzati con stile e qualità estetic a, funzionale e materiale utilizzano gusto e
know-how, senza necessariamente essere “sporcati” da inutili fronzoli e senza
per forza essere una grande marca.
Com’è nato il
progetto Altrosguardo?
Qualche anno fa per caso sono stato invitato a partecipare ad un mercatino dell’usato dalle parti di Bologna insieme a Mara. Portammo gran parte delle vecchie cianfrusaglie che avevamo in soffitta e riuscimmo anche a vendere qualcosa. Fu un esperienza entusiasmante, non ero mai stato un frequentatore di mercatini e da allora invece tutto cambiò. Ben presto diventammo appassionati di abiti e oggetti vintage, in partic olare
degli anni 50 - 70 e cominciammo ad acquistarne e rivenderli noi stessi,
imparando a conoscere e studiando con attenzione il design di quell’epoca che a
mio parere rimane il migliore di sempre. Credo fu a quel punto che cominciai ad
attribuire un signific ato alla
parola “design”. Come ho detto per me era sempre stato un concetto astratto e
aleatorio sul quale non mi ero mai soffermato troppo. Studiando libri, riviste,
pagine web, l’argomento ci prese sempre più e cominciammo a frequentare prima
tutti i mercati del vintage e poi tutte le fiere del design, imparando a conoscere
e riconoscere i brand, i designer e i progetti legati al design. Nel frattempo
frequentai anche una scuola di artigianato artistic o,
imparando in partic olare la
lavorazione del legno e costruzione di chitarre. Assieme alla scoperta di
oggetti “nuovi” cresceva sempre di più una vera e propria passione, quasi
maniacale, nella ric erca di oggetti
usati anche in cattive condizioni da rimettere a posto e/o modific are. L’attività di ri-funzionalizzare ha quindi
preso il sopravvento. Da allora continuiamo a ric ercare
oggetti e materiali, a studiarne la composizione e la progettazione originale:
come sono stati costruiti, assemblati, vernic iati.
E a partire da questo, poi si comincia a lavorare al “nostro progetto”, quasi
sempre legato all’emozionalità e all’immaginario che vogliamo suscitare.
Qualche anno fa per caso sono stato invitato a partecipare ad un mercatino dell’usato dalle parti di Bologna insieme a Mara. Portammo gran parte delle vecchie cianfrusaglie che avevamo in soffitta e riuscimmo anche a vendere qualcosa. Fu un esperienza entusiasmante, non ero mai stato un frequentatore di mercatini e da allora invece tutto cambiò. Ben presto diventammo appassionati di abiti e oggetti vintage, in part
Quando
hai pensato che la tua passione si potesse trasformare in lavoro? Speri di fare
questo per il resto della vita? Se sì in che modo ti vedi crescere in questo
campo?
Durante gli anni passati armeggiando con
mobili e complementi d’arredo usato, tentando di restaurarli e rimetterli in
sesto, mi sono reso conto che c’è tutto un mondo di oggetti che finiscono in
discarica, quando in realtà potrebbero rinascere a nuova vita. In realtà
pensandoci il recupero è sempre stato presente nella mia vita: da pic colo i miei nonni, che avevano conosciuto la
miseria durante la guerra, mi insegnavano a costruire le cose che mi servivano
invece di acquistarle nuove e con il tempo imparai il valore e la soddisfazione
della manualità e dell’artigianalità nel riparare le cose e farle con le
proprie mani. Quando a 8 anni dic evo
di voler fare l’inventore, forse in
realtà intendevo proprio questo.
Il progetto Altrosguardo si è concretizzato
piano piano nel tempo, sono nati i primi oggetti, abbiamo iniziato a mostrarli e
poi, inaspettatamente, venivano pubblic ati
su riviste e blog. Questo ci ha dato coraggio oltre che soddisfazione e così
abbiamo investito in materiali e attrezzature per il laboratorio, abbiamo
creato il sito internet, abbiamo partecipato a manifestazioni importanti. Insomma
è stato tutto molto graduale per cui, mantenendo i piedi ben saldi a terra,
cominciamo a pensare che potrebbe diventare un’attività che ci permetta di
pagare le bollette a fine mese. Fra l’altro lo chiamiamo “progetto” perchè
nasce come piccola officina creativa ma rimane in progress perché unisce arte,
manualità, design, artigianato. Si sta auto-definendo col tempo a seconda delle
esperienze che facciamo. Sic uramente
stiamo lavorando affinché Altrosguardo diventi sempre più concreto e ci auguriamo
di svegliarci la mattina dedicandoci solo a questo.
A proposito…
è notizia di questi giorni che siamo
arrivati in finale al Premio Arte Laguna (www.premioartelaguna.it). Una delle
nostre opere è fra le 30 sculture selezionate tra più di 7000 candidature
provenienti da ogni parte del mondo. Il 17 Marzo presso le nappe dell’arsenale
di Venezia ci sarà l’inaugurazione della mostra e la premiazione, noi
incrociamo le dita ma comunque vada essere presenti è già un onore grandissimo
e va ad aggiungere un altro mattoncino al nostro progetto.
Se
a dic iassette anni ti avessero
chiesto che cosa avresti fatto nella tua vita oggi, cosa avresti risposto?
Il music ista.
Da quando ero adolescente ho sempre sognato di avere una band con cui suonare e
andare in tour. Ai tempi suonavo con i primi gruppi e mi esibivo dal vivo
sperando veramente di fare quello nella vita. In realtà col tempo questa è
rimasta una grande passione e ancora oggi strimpello e compongo canzoni ma
diversamente da allora lo considero una valvola di sfogo, un’altra fonte di
soddisfazione personale e non sono più convinto come allora che sarebbe stata
la vita che avrei voluto fare.
In realtà quello che mi interessa veramente
fare è: creare. Che si tratti di music a,
arte, design, artigianato, la cosa importante è il piacere e la soddisfazione
che provo e immaginare una prospettiva concreta in quello che faccio.
Grazie Mattia!
Aggiungo io che Altrodesign lo trovate su facebook, twitter e myspace.
Sono davvero orgogliosa di conoscere persone che rincorrono i loro sogni. Che non si lasciano frenare dalle difficoltà della quotidianità, ma che anzi traggono da essa la forza necessaria per andare avanti ottenendo pure ottimi risultati. We can do it, no?
Sono davvero orgogliosa di conoscere persone che rincorrono i loro sogni. Che non si lasciano frenare dalle difficoltà della quotidianità, ma che anzi traggono da essa la forza necessaria per andare avanti ottenendo pure ottimi risultati. We can do it, no?
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