Ciao! Oggi inauguro una nuova (in realtà prima) rubrica di
questo blog Salad Jobs (vediamo se qualcuno di voi afferra la “fine” citazione
musicale..). Ogni due settimane circa intervisterò un amico circa la sua
passione-lavoro. Spero la troverete interessante e vi divertirete a leggerla.
Iniziamo con… Paolo Petralia (un obbligo seguire il suo, e di Alessandra, sito Vegan Riot e acquistare il libro Vegan Riot – La rivoluzione bolle in pentola!)
Iniziamo con… Paolo Petralia (un obbligo seguire il suo, e di Alessandra, sito Vegan Riot e acquistare il libro Vegan Riot – La rivoluzione bolle in pentola!)
Raccontaci un po’ chi sei.
Quando o da cosa è nata la tua passione per la cucina?
Avere gente a casa e condividere del cibo, se non buonissimo
ma cucinato con il cuore è sempre stata un po’ una costante e diversi quintali
di carta stampata occupano scaffali interi della sezione gastronomia della libreria
di casa. La svolta cruciale è stata l’apertura del sito Vegan Riot, la cui
spinta è venuta soprattutto dalla mia socia Alessandra e facilitata
dall’avvento delle macchinette fotografiche digitali. Siamo stati pionieri a
fare questo tipo di lavoro in ambito vegan e tuttora dopo 6-7 anni continuiamo.
Quando hai pensato che la tua passione si potesse
trasformare in lavoro?
Speri di fare questo per il resto della tua vita? Se sì in che modo ti vedi
crescere in questo campo?
Non è facilissimo. Già adesso sono senza lavoro di cucina,
che all’ultimo posto m’hanno fatto fuori per far quadrare i conti. E non parliamo
di un posto che non lavorava… Semplicemente la ristorazione è un campo minato.
Oggi lavori qua domani la. E ciò va bene se sei un addetto versatile. Se invece
se vegetariano/vegano ed i posti papabili in una città di un quattro milioni di
abitanti e decine di migliaia di locali sono 4-5, beh comincia ad essere un po’
complicato. La soluzione sarebbe aprirselo da soli, ma anche quella strada la
vedo faticosa. Nel senso, fammi pure lavorare 13 ore al giorno, ma stare a
combattere con la burocrazia e scartoffie non è cosa mia. Però non è una cosa
che ho escluso, anche perché potrebbe essere l’unico percorso. Se ci penso su
un altro po’ è probabile che lo aprirà qualcun altro il prossimo ristorante
veg*…
Se a diciassette anni ti avessero chiesto cosa avresti fatto
nella vita oggi, cosa avresti risposto?
Non sapevo minimamente cosa fare a 17 anni. A quel tempo ero
ad un rigido liceo scientifico che alla fine mi impiegò per ben sette anni,
complice ormai il manifesto interesse per la musica. Di conseguenza sono stato
uno dei pochi figli degli anni ‘70 di estrazione media-borghese che sapeva
scientemente di non essere tagliato per lo studio ed a quel punto ero convinto
che tra me e l’università non sarebbe mai stato amore. Ero piuttosto smarrito e
pauroso sul futuro. Paradossalmente sono più tranquillo a riguardo adesso, alla
soglia dei 40, che di tranquillità rispetto a prima ce ne è sicuramente molta
di meno. “L’unica certezza resta la precarietà” cantava qualcuno negli anni
’80. Non so se ciò ricada tra le profezie o nel tirarsi la sfiga addosso…
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